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Redentoristi napoletani
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La comunità redentorista di SCALA

la Fondazione dei Redentoristi

 

 

Il Cardinale Van Rossum volle che i nostri Padri avessero una Casa ove era nata la Redentoristi napoletani anche per assistere spiritualmente le Monache Redentoriste.

La signorina Linda Grassi nativa di Salerno, che in segui-to entrò nel Monastero delle Redentoriste con il nome di Sr. Maria Rosaria, provvide alla costruzione della Casa religiosa. Nel secondo centenario della venuta di S. Alfonso a Scala, il 25 settembre 1930 fu solennemente inaugurata la nuova Casa, eretta canonicamente il 6 giugno 1930.

Nel 1995 è stata completata la ricostruzione di “Casa Anastasio” collegata al centro da una strada interpoderale di nuova costruzione. I confratelli oltre ad assistere le Monache Redentoriste, svolgono anche attività missionaria, parrocchia e accoglienza.

 

attività apostoliche: parrocchia

                                assistenza spirituale

 

Comunità

 

p. Loiodice Vincenzo, Responsabile e Parroco, Economo e Procuratore Provinciale
P. Vitiello Ciro

P. Filippo Strippoli

 

 

CONTATTI  - Missionari Redentoristi
                    Via Monastero, 11 - 84010 Scala (SA)
                    Tel. e fax [+39] 089857263

 



la nascita della Congregazione

La Madre di Dio appare a sant'Alfonso nella grotta di Scala

Scala, toponimo molto appropriato, descrive la più antica città della costiera amalfitana. Alfonso Maria de Liguori vi giunse nel 1730 per “provvidenziale disposizione”. Un’epidemia aveva devastato Napoli nel 1729. Alfonso si era impegnato al limite delle sue forze nell’assistenza dei malati. Poi all’inizio del 1730, stanco e spossato, erano arrivate le missioni di Marano, Casoria, Capodimone e l’Annunziata. “Fu tale e tanto lo strapazzo di se medesimo, che, non reggendogli le forze, si vide attaccato nei polmoni. Per un mese e più si tenne in forse della vita". Si imponeva una convalescenza, così verso la metà del 1730,  Alfonso de Liguori si recò a Santa Maria dei Monti, sopra la città di Scala: “un Romitaggio con sufficiente abitazione, dove oltre al riposo, si poteva attendere a far del bene a tanti poveri caprai che vi dimorano e vivono abbandonati”. Il bene delle anime è la legge suprema, pensa Alfonso inoltrandosi nella valle del Dragone. Comincia a salire, scale dopo scale, al capoluogo delle scale, Scala, appunto. Di lì si inerpica fino a 1000 metri per raggiungere la chiesetta montana dove lo attende una mistica icona della Vergine che gli offre la prima ispirazione della sua nuova vocazione. Maria santissima è la Madre della Redenzione: regge sul braccio sinistro Gesù, la Parola incarnata, e sul braccio destro la Bibbia, la Parola scritta. Alfonso si incanta, prega e progetta. I caprai e i contadini lo aiutano a concretizzare un programma.

        A questi si aggiunse la spinta vigorosa di suor Maria Celeste Crostarosa (1696-1755). L’eco delle sue parole arrivò all’orecchio della privilegiata suor Maria Celeste, che volle consultare il missionario circa un progetto di un nuovo ridine religioso. Antonio Tannoia, primo biografo di Alfonso, scrive: “Iddio che in Scala aveva cominciato ad abbozzare nel cuore di Alfonso i primi disegni dell’Opera sua, anche in Scala con altro tratto della Provvidenza, volle perfezionarli. Viveva in quel conservatorio una Religiosa di santa vita, molto favorita da Dio. Questa niente consapevole di quello che passava per capo ad Alfonso, in un’estasi ch’ebbe, vide in ispirito, e fu nel giorno terzo di ottobre 1731, una nuova Congregazione di Preti tutta sollecita in aiutare milioni di anime, che abbandonate vivevano, e senza aiuto in tanti villaggi e contadi; e tra questi Alfonso, che presedeva a tutti. Nel tempo medesimo s’intese dire: Quest’anima è quella, che ho eletta per capo di quest’Opera di mia gloria”. Una conferma ulteriore alla chiamata udita a santa Maria dei Monti.

 

 

l'antica chiesetta di Santa Maria dei Monti

        Le difficoltà crescevano di giorno in giorno al suo ritorno a Napoli, e i problemi legati alla fondazione divennero enormi. Alfonso dovette soffrire molto prima di giungere alla decisione definitiva. Era domenica, 2 novembre 1732. La sera del 3 a Scala con Alfonso si ritrovavano in sei. Presero alloggio nella Foresteria di via Torricella, di proprietà delle Monache. Tre giorni di preghiera nella piccola chiesa del Monastero con clero, monache e fedeli. L’11 novembre, durante l’adorazione dell’Eucaristia esposta solennemente, il Signore aveva sconvolto i presenti con un segno particolare. Davanti all’Ostia consacrata si vide chiaramente la santa Croce, la lancia e la spugna della Passione di Gesù, che sormontavano tre monti. Il fenomeno si rinnovò più volte, tanto da ispirare lo stemma del duplice Istituto, femminile e maschile.

        Il 9 novembre 1732 la Congregazione del Santissimo Salvatore, divenuta poi definitivamente del Santissimo Redentore per volere di Roma, iniziò la sua vita nella storia. Finalmente Scala aveva i suoi apostoli, uomini di grande penitenza, di prolungate preghiere e di eroica carità.

        Altro luogo tipicamente redentorista che si trova a Scala è la Grotta. Alfonso la frequentava trovandosi a pochi metri dall’abitazione di via Torricella. Questa “grotticella” fu la montagna spirituale del giovane fondatore, il Getsemani delle ardenti preghiere e delle quotidiane preoccupazioni, l’Oreb dei suoi incontri con Dio e con la Madonna. Il padre Adeodato Criscuolo, redentorista, sarà testimone della viva tradizione scalese secondo la quale Alfonso vi avrebbe visto la Vergine. Tradizione costruita sulle affermazioni dello stesso Alfonso che, da vecchio, confidava a padre G.B. Di Costanzo, suo confessore: “Io quand’ero giovane ci parlava spesso colla Madonna, mi ci consigliava per tutte le cose della Congregazione”. E soggiungeva: “Oh grotta mia: oh grotta mia: oh potessi godere di questa grotta”. Sembrava che Dio lo avesse riservato come dono alla nascente Congregazione redentorista.

        Finora tutto bene. Però Scala era troppo angusta per il programma missionario di Alfonso. Questo ameno poggio sul mondo doveva costituire un luogo di irradiazione per i Redentoristi. Così i nuovi missionari “presero di mira i luoghi convicini”: Tramonti con le sue frazioni Campinola, Gete, Pietre, Pocara…, Amalfi, Conca, Atrani, Raito, Vietri, Benincasa, Minori, Furore, Agerola con san Lazzaro, Campora, Bomerano… Tutta la costiera respirava l’aura spirituale di Alfonso e dei suoi sacerdoti.  Ad incrementare la missione e ad allietare il cuore di Alfonso arrivarono da Napoli due esperti apostoli e colossi di santità: il beato Gennaro Sarnelli (1702-1744) e il venerabile Cesare Sportelli (1701-1750), entrambi affermati avvocati e poi confratelli redentoristi.

       Cresciuto il piccolo drappello, la casa prestata dalle Monache non era più adatta.

     Alla sommità del giardino del Monastero, dominante la Cattedrale, sorgeva una costruzione isolata, circondata da una vigna e da un castagneto, appartenente alla famiglia Amendola. Nel settembre 1733 questa tipica costruzione padronale divenne Ospizio del Santissimo Salvatore, e fu Casa redentorista fino al 1738, quando l’urgenza di diffondere la Congregazione e alcune incomprensioni del clero e del popolo di Scala obbligarono Alfonso a emigrare altrove. Nel 1776 lo stabile prese il nome della famiglia Anastasio, che iniziò ad abitarlo. Pur passando di mano a diversi proprietari, il piccolo complesso da allora fino ad oggi è conosciuto con la denominazione Casa Anastasio. Acquistata definitivamente dai Redentoristi dell’Italia meridionale nel 1954, è venerata come un’importante reliquia delle origini dell’Istituto. In essa si raccolgono gruppi di preghiera per esercizi spirituali, attratti dall’austerità e povertà delle strutture, specialmente la Cappella, dove si conserva il cranio del primo fratello coadiutore di sant’Alfonso, Vito Curzio (1706-1745). Fu lui a incidere con un punteruolo grezzo sulla parete del forno per la prima volta lo stemma della nuova Congregazione.

 

 

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